dicembre
autunno | qualcosa di me!

Una mattina di dicembre di molti anni fa

6 Dicembre 2018

Dicembre, una mattina di  di molti anni fa, trascorsa nella campagna lodigiana.

Ero uscita di mattina prestissimo. La nebbia avvolgeva tutto, il freddo era una morsa più forte e tenace dell’acciaio.
La tenue luce lattiginosa rendeva il paesaggio incantato. Era una mattina di dicembre, ed ero diretta con mio marito nelle campagne del lodigiano, avevamo alcuni impegni di lavoro da sbrigare, niente di urgente, potevamo rimandare, ma entrambi, soprattutto io, volevamo andare.
Quella giornata, quel clima esercitavano una forte fascinazione su di noi.
L’autostrada si srotolava come un nastro, le note della quinta di Beethoven si diffondevano nell’abitacolo della macchina.
Parlavamo poco. Un silenzio di pace, intimità, condivisione.

Mentre ascoltavamo l’inno alla gioia il paesaggio cambiò e dalla nebbia sbucarono i filari di pioppi. Sembravano patire anche loro il gelo e la nebbia, ma erano alti, belli, fieramente tenaci.
Dopo aver sbrigato le nostre faccende, facemmo un giro in zona alla ricerca di aziende agricole dove volevamo acquistare qualche formaggio, il bella di Lodi in primis e qualche vino locale, novello, ruspante.
Come sempre, nelle aziende agricole scambiammo qualche chiacchiera con i proprietari sui prodotti che vendevano, le difficoltà del lavorare la terra, o quelle legate all’allevamento.
Poi, cercammo una trattoria dove pranzare. Scelta facile, la zona è ricca di posti caratteristici, dove si pranza bene, all’epoca non ero ancora veg e mangiavo – quasi – tutto.
Ricordo degli ottimi antipasti e un piatto di tortellini buonissimi.

Un caffè bollente rivelatore…..

Ma il momento del caffè fu determinante. Mentre sorseggiavo un caffè forte e bollente, come piace a me, e sgranocchiavo dei biscottini al mais in un ambiente dall’aria familiare e confortevole, capii il motivo che mi aveva spinto ad andare quel giorno nel lodigiano.
Il lavoro era sicuramente un incentivo, ma il vero motivo era che dopo tante settimane intense, avevo bisogno di riprendere fiato.
Io che solitamente amo la velocità, anelavo ritmi lenti. La natura che riposava sotto una coltre di nebbia era perfetta.
Mentre sorseggiavo il caffè, mio marito parlava col proprietario del ristorante e io ripensavo ai frammenti di conversazione della mattina con i produttori di formaggi e vini.

Il bisogno di non forzare la mano e non spingere la produzione, il desiderio di rimanere sul mercato, seppure mantenendo un’indipendenza dalle filiere della grande distribuzione.
Ripensavo al tono accorato col quale un produttore di vini, professava l’amore profondo per la terra, ereditata dai suoi genitori e custodita con cura, un amore che richiedeva cure e dedizione.

Il viaggio in se era la meta

Ripensavo a queste cose e capivo che era stato bello ed interessante quel giro, la tappa alla trattoria, ma non erano state quelle cose la meta. E la meta non era stata nemmeno l’impegno lavorativo.
La mia meta era stato il viaggio, il camminare in autostrada, ovattata dalla nebbia prima, vedere i pioppi sbucare mano a mano poi, sentire Beethoven nell’abitacolo della macchina.
Capii che quella giornata era stata riposante e il riposo era stato soprattutto il fare tutto con calma, senza fretta.
Calma imposta dalle condizioni climatiche, ma anche da una mancanza di necessità di affrettarsi.
Se fossi rimasta a casa, sarei stata risucchiata dalle attività quotidiane.
Invece, il viaggio in macchina, il fermarsi seguendo un’intuizione, un sentiero, l’insegna di un’azienda agricola erano stati perfetti e tonificanti.

In realtà avevo sempre amato percorrere le strade statali, vedere i paesini che si affacciano sulla strada, immaginare vite nelle zone percorse.
Sebbene ami molto l’autunno e in primavera la natura è nel pieno rigoglio, mi piace percorrere in macchina le statali in estate.
Il paesaggio reso brullo dal sole, il frinire delle cicale, mi danno un senso di pace e di infinito, proprio come in inverno, stagione diversa, ma medesimo effetto.
Quel giorno capii, nonostante vivessi in città, quanto amassi la vista della campagna e quanto a volte, girare senza una meta precisa è importante per lo spirito.
La meta, come ho scritto è il viaggio, spesso, anche un viaggio interiore che ci serve per fermarci, ascoltarci, capire i nostri bisogni.

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  1. Condivo molto quello che hai scritto in particolare queste parole “quanto a volte, girare senza una meta precisa è importante per lo spirito”.

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